La Motta
- R_SOAVE
- FA_FORTI_CASTELLI
- FA_MONUMENTI_EVIDENZE_STORICHE
- M_CHIESE_CASTELLI_MUSEI
- M_ITINERARI_STORIA_ARTE_CULTURA
LA MOTTA
La Motta è una altura di origine vulcanica (altezza variabile fino 40 m. sul livello del mare), di forma ellittica con diametri 140-90 metri. Eventuali evidenze archeologiche furono ricoperte di terra quando venne creato su questa altura il Parco della Rimembranza (1924), come avvenne in altri siti nei Comuni vicini, vedi Monteforte. La Motta era lambita in origine dal torrente Tramigna (dal lato ovest area altimetricamente più bassa), che marcava il confine dell’ agro veronese in epoca romana (tromenia- termen= confine). Attualmente il Tramigna confluisce nel torrente Alpone dal lato nord-est, in seguito alla deviazione dello stesso Alpone avvenuta nel passato. L’ Alpone infatti doveva correre da nordovest a sudest come tutti gli altri fiumi lessinei. L’aumento di portata delle acque dei due torrenti ha reso più appetibile il sito strategico della Motta ai fini dell’insediamento di un castello.
Il primo documento che cita il castello di San Bonifacio è il famoso testamento di Milone del 955 d.C. Nel suo testamento Milone fa riferimento alla sua residenza fortificata e attesta fra l’altro l’esistenza, nello stesso sito della Motta, di una chiesetta dedicata a San Bonifacio: dal toponimo prenderà il nome la famiglia dei Conti di San Bonifacio, Conti di Verona, ed in periodi alterni Marchesi della Marca Veronese (che al tempo arrivava ai confini con il Friuli) fino all’avvento dei Comuni. In riferimento a questa chiesetta dedicata a San Bonifacio (fondatore del monastero di Fulda) altri documenti , rinvenuti in Germania presso lo stesso monastero di Fulda e nella biblioteca di stato di Bamberga confermano l’esistenza nei pressi di Verona, a partire dagli inizi del IX secolo, di un feudo dipendente dal monastero di Fulda (“..praedio Fuldensis monasterii, quod Monticellum dicitur, iuxta Veronam..” ) presidiato da un cenobio di monaci addetti agli uffici ordinari. Questo possedimento non poteva che essere la nostra Motta, sulla quale appunto è esistita una cappella dedicata a San Bonifacio come riportato nel testamento di Milone. Il cenobio fu dismesso probabilmente a motivo dell’isolamento e della lontananza dal monastero di Fulda, ed il “predium” passò nella disponibilità del conte Milone.
Il CASTELLO DI MILONE DEL 955
A partire dal X secolo, con l’indebolimento delle autorità regie e imperiali, si assiste alla diffusione in Europa del fenomeno dell’ Incastellamento, per consentire il controllo dei territori e per la difesa contro le incursioni delle ultime “popolazioni barbariche”. Nel nord Italia imperversavano le scorrerie degli Ungari.
Il conte Milone, che già gestiva i beni della corte di Zerpa di proprietà del fratello Manfredo, corte, estesa probabilmente fino all’Alpone, decise di fortificare l’altura della “Motta”, che per la sua posizione tra il Comitato Vicentino ed il Comitato Veronese, protetta a sud e ovest da ampie zone paludose, lambita dall’Alpone e a poca distanza dalla strada Postumia, doveva apparire come un sito ideale per un impianto castrense. Il nome Motta della località, deriva dalla tipologia di castello molto diffusa nel Nord Europa, che comprendeva una casa d’abitazione fortificata, costruita sul punto più alto di un’altura, ed una “bassa corte”, zona in cui si trovavano le abitazioni e gli annessi necessari per le attività agricole. Il nucleo abitato (in parte lo stesso esistente prima dell’incastellamento), doveva distribuirsi concentricamente in quella terrazzatura, ancora ben visibile, intorno al palazzo signorile (da individuare nell’area ora occupata dal monumento ai caduti). All’esterno della cerchia, un’alta scarpata finiva nel fossato che seguiva l’attuale anello stradale. Dato che si presume che l’Alpone scorresse ad Ovest della Motta, fu per realizzare una protezione efficace nel punto più delicato, cioè a Nord, che il fiume venne deviato nell’attuale alveo. Da allora questo nuovo corso fu continuamente mantenuto efficiente e tale è stato conservato fino ad oggi.
IL CASTELLO NEI SECOLI X – XI
Al tempo di Milone il castello della Motta non era il castello principale, in quanto esisteva quello di Ronco all’ Adige, dotato di fortificazioni e di una torre. In quel tempo i traffici avvenivano principalmente per via fluviale e quindi lungo l’Adige, quindi il castello della Motta, almeno inizialmente, aveva carattere più propriamente residenziale. La sua ubicazione però dava una serie vantaggi: prima di tutto si trovava in territorio di confine e la dislocazione presso una strada di grande importanza come la Postumia, poteva offrire la possibilità di controllo sulle comunicazioni. Inoltre il castello della Motta era venuto ad assumere una posizione di centralità nei possedimenti della Famiglia Comitale in seguito alla notevole estensione dei territori dovuta al beneficio della “terra mortuorum” da parte di re Adalberto. Questo beneficio consisteva nel diritto di succedere, al posto del fisco, nelle terre e nei beni di persone morte senza eredi, in una vasta zona nel comitato veronese, delimitato a nord dalla Valpantena fino alla Val d’Alpone, a sud dal corso dell’Adige fino all’Alpone. Da ultimo, tra la fine del X e inizio dell’ XI secolo si sviluppano numerosi villaggi (castra) e San Bonifacio registra un incremento demografico, tanto che nell’ XI secolo i conti chiesero al Vescovo di Vicenza di trasformare la cappella gentilizia di loro proprietà, dedicata a San Bonifacio, in chiesetta plebana. I discendenti di Milone, grazie alla notevole estensione dei possedimenti, resero il territorio gravitante sul castello di San Bonifacio una sorta di giurisdizione indipendente, all’interno del Comitato veronese.
LA LOTTA TRA LE FAZIONI NEL XIII SECOLO
Nella prima metà del 1200 il nostro castello , nel frattempo trasformato in vera e propria fortezza militare, svolse un ruolo spesso di primo piano nelle cruente vicende dell’epoca. Nell’ultima parte del XII° secolo, i San Bonifacio sostennero la carica di podestà di Verona. Evidentemente la loro influenza era favorita dalla loro capacità economica, dalla tradizione della funzione comitale e dai rapporti di parentela e di amicizia con le principali famiglie. La loro supremazia era contrastata però dai “Monticoli” sostenuti dagli Ezzelini Signori della Marca Trevigiana. Nel 1205 si registrarono violenti scontri in città e nel territorio di San Bonifacio che venne devastato; in questa occasione fu assediato anche il castello. La lotta tra le due fazioni per accedere alle cariche comunali cittadine, comportò un lungo periodo di instabilità sul territorio veronese, con alternanza di successi e sconfitte fra le parti, anche sul piano militare, situazioni che videro il castello di San Bonifacio al centro delle battaglie, fino a che nel 1231 Ezzelino III da Romano con un colpo di mano e con l’aiuto dell’Imperatore Federico II° tenne Verona. Non mancarono tentativi di arrivare ad una pacificazione del territorio veneto, ma l’avvicinamento tra Ezzelino e Federico II° diventava sempre più stretto, in quanto condizionato dalle mire espansionistiche sulla Marca da parte di Ezzelino e dall’interesse dell’Imperatore di contrastare la Lega lombarda con l’aiuto di Ezzelino. Ne fecero le spese i San Bonifacio: Ezzelino nel 1242, dopo aver preso i castelli di Montecchio Maggiore, Montagnana, Bolca, Vestena, Villimpenta, nel 1243 prese Arcole e finalmente il castello di San Bonifacio. Di quest’ultimo atto, ciò che è interessante qui sottolineare è la precisa volontà di Ezzelino di annientare questo castello, impresa già tentata e non riuscita in altre occasioni. La sua distruzione serviva alla sicurezza di Verona da est, perché esso rappresentava la base militare da cui partivano gli attacchi dei nemici di Ezzelino verso la città ed era il luogo in cui questi si rifugiavano sicuri, dopo ogni incursione. Questo fu il clima in cui si produsse l’assedio del nostro castello; esso da residenza padronale si era trasformato in centro di signoria rurale e dopo una fase in cui servì da rappresentanza eccolo trasformato in poderoso arnese da guerra.
LA PRESA DEL CASTELLO DEL 1243 DA PARTE DI EZZELINO
Il 16 di settembre del 1243, Ezzelino, con l’aiuto di vicentini e padovani, pose il campo d’assedio sotto il castello di San Bonifacio e lo attaccò con gradi assalti fino alla resa. Dopodiché dispose di farlo radere al suolo. Si legge nelle cronache che Ezzelino fece “…tota destructione qua potuit…” cioè si limitò a rendere inservibile la struttura. Infatti l’ordine di annientamento del castello di San Bonifacio assieme a quello di Arcole fu dato solo nel 1276 (da Alberto della Scala che dette mandato al podestà di Verona di far lavorare mille operai per dieci giorni alla demolizione.
Oggi di questo possente bastione non rimangono che pochi resti, che oggi forse ci svelano qualcosa. Non è chiaro chi operò la demolizione che dovette comunque avvenire perché le macerie riempirono il fossato e rialzarono il terreno avanti la chiesa di circa un metro e mezzo. La distesa di rovine fu utilizzata per secoli come cava di materiale da costruzione dai sambonifacesi e ancora oggi tutte le vecchie costruzioni del paese contengono i caratteristici blocchi di basalto che costituivano la cinta del castello. È difficile rendersi conto di quello che significava il castello di San Bonifacio, che fu per almeno tre secoli uno dei più importanti punti di riferimento della Marca, sia dal punto di vista difensivo che politico. La storia di quegli anni ruotò attorno a questo territorio, la dimostrazione di ciò sta nell’attenzione con cui i cronachisti dell’epoca ne riferirono. Con la caduta del castello si perse nei secoli il ricordo dell’importanza di quegli avvenimenti; la Motta oggi può apparire come un cucuzzolo senza storia, occorre invece rivalutare questo patrimonio attraverso la conoscenza, lo studio e la ricerca.
Contatti
La Motta
Via Castello ( Come arrivare )
Web: http://www.parrsambo.org/Default.aspx
Mail: parrsambo@gmail.com
Tel: +39 045 7610285