Berto Barbarani, il poeta veronese
- REDAZIONALE
È sufficiente leggere un paio di versi di Berto Barbarani per sentire tutto il suo amore per Verona. Barbarani è stato, e continua ad essere, uno dei principali cantori della nostra città e delle sue bellezze, ed è riuscito nel corso della sua vita a dipingere con le parole dei suggestivi quadri della sua terra natale.
"Quà, dove l'Adese, sensa fermarse
rompe nei ponti la so canson,
stao atento ai versi che pol negarse,
li tiro a riva, col me baston…"
Spirito veronese al 100%
Veronese DOC proprio come me, nato nella città scaligera il 3 dicembre 1872 e morto nella stessa il 27 gennaio 1945, Roberto Tiberio Barbarani è stato uno dei maggiori poeti italiani e dialettali del XX secolo. Berto era nato in centro storico, vicino al Ponte Nuovo sull’Adige, da una modesta famiglia proprietaria di un negozio di ferramenta. Nonostante l’abbandono del collegio alla morte del padre per aiutare la madre nella gestione del negozio, il giovane ha continuato i suoi studi, fino a iscriversi a Giurisprudenza all’Università di Padova. La sua carriera universitaria è durata poco, ma è stato l’ambiente in cui ha potuto iniziare a condividere il suo talento poetico, tramite una collaborazione con un giornale studentesco, dove sono state pubblicate alcune poesie che sono state in seguito la base della sua prima raccolta El rosario del cor, del 1895.
Collaboratore di diversi quotidiani locali quali L’Arena e il Gazzettino, Barbarani ha saputo rappresentare con le sue poesie i sentimenti e lo spirito della gente veronese, grazie anche a un sapiente utilizzo della lingua dialettale. Nei suoi versi si respirano gli ambienti e i personaggi della vita quotidiana veronese della prima metà del Novecento, con le sue gioie e le sue sofferenze. L’amore, gli affetti e i fugaci momenti felici della vita dei veronesi punteggiano i suoi versi, che restano pur sempre dominati da una nota malinconica e dalla consapevolezza della precarietà del vivere, soprattutto nell’ultimo periodo della sua vita, coinciso con il secondo conflitto mondiale. In città possiamo trovare la statua di Berto Barbarani in Piazza Erbe, all’inizio di via Cappello, che guarda sognante verso un’altra statua, emblema della città, quella di Madonna Verona.
Quale modo migliore per salutarvi se non con la sua poesia più rappresentativa della “veronesità”?
Voria cantar Verona
Vi lascio con questi estratti di una delle più belle poesie del Berto:
"Voria cantar Verona, a una çerta ora / de note, quando monta su la luna:
quando i boschi che dorme el par che i cora / dentro sogni de barche a far fortuna
drio a l'aqua de l'Adese, che va / in çerca de paesi e de çità...
E alora che è finì tuto el sussurro / speciarla zò ne l'Adese, dai ponti,
e comodarla mi, muro par muro, / tuta forte nel çercolo dei monti..."
Mi rendo conto che per i non veneti possa non essere chiarissima. In questo primo paragrafo ci racconta di come vorrebbe omaggiare Verona, di notte, quando esce la luna, dandoci un'immagine di città in movimento che segue lo scorrere del fiume Adige.
"E in dove che è piantà Castel San Pietro / su le rovine del teatro antico,
védar levarse su come de fero / tuto intiero, el castel de Teodorico,
e imaginarme rampegada adosso / 'na Verona cambià nei so colori:
tore e muralie del quarel più rosso, / case dipinte e ponti levadori,
che se specia ne l'Adese, che va / in çerca de paesi e de cità..."
Il Berto s'immagina di salire sul Colle San Pietro, passando il Teatro Romano ed arrivando fino al castello, per vedere la bellezza della sua città dall'alto. Una Verona dai monumenti di marmo rosso e le case colorate. Ponti ed edifici che specchiano in quell'Adige che corre via verso altri paesi del veronese.
"[...]
Da là drento Giulieta discorea / co Romeo, col so dio, col so signor;
e l'era tanto el ben che i se volea / che no gh'è omo, no gh'è pianta o fior,
no gh'è mar, no gh'è Adese, che va / in çerca de paesi e de cità, che possa dirlo!"
Vi volevo mostrare anche questo romantico riferimento a Giulietta e Romeo. Per farvi capire quanto siano importanti queste figure per noi veronesi. Nella poesia parla di loro come quei due amanti il cui amore era così grande da non poter essere descritto né da un uomo, né da una pianta, da un mare o da un fiume. Una leggenda che a Verona ci si tramandava di padre in figlio, ancor prima che venisse scritta.