Chiesa di San Giorgio
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La chiesa di S. Giorgio ha origini molto antiche. Da un documento conservato presso la Biblioteca Capitolare risulta che essa era pieve già nel 920. Confermata tra i possessi del vescovo di Verona da Papa Eugenio III nel 1145 mantenne la sua fisionomia romanica fino al XIX secolo.
Successivamente venne demolita per lasciar posto alla nuova chiesa costruita tra il 1840 e il 1865.
Nel 1988 venne collocato il nuovo portone d’ ingresso decorato con formelle in bronzo, opera dello scultore Virgilio Audagna.
Il suo prospetto frontale, rivolto a occidente, è d’impronta neoclassica. Al centro si apre il portale d'ingresso rettangolare, preceduto da un'ampia scalinata e sovrastato da una mensola protettiva. Più in alto una grande finestra a mezzaluna illumina l'interno. A caratterizzare la facciata ci sono quattro semicolonne con possenti capitelli corinzi e un deciso timpano sovrastante. La cornice del frontone è decorata lungo tutto il perimetro con mensolette. Sul vertice sommitale, infisso in un supporto litico quadrato, campeggia una croce ferrea.
La torre campanaria è adiacente all'edificio, situata tra l'abside e il lato meridionale della chiesa e parzialmente inglobata nella struttura della stessa.
L’interno è a croce latina e richiama alla classicità dei modelli palladiani (San Giorgio a Venezia). Il presbiterio, a pianta quadrata e rialzato di quattro gradini, si dilata con due bracci laterali fino a raggiungere la medesima ampiezza della navata; una balaustrata in marmo delimita il presbiterio sia frontalmente che lateralmente.
Dopo diversi interventi di recupero, di rafforzamento delle strutture e considerando le necessità legate all’aumento della popolazione, nel 1880 si progettò l’ampliamento dell’odierna chiesa ad opera dell’architetto don Angelo Gottardi. Il suo intervento si concentrò nell’ampliamento del presbiterio, collocando grandiose colonne, disposte agli angoli e a semicerchio attorno al coro. Nel novembre del 1865, don Luigi Perbellini, allora parroco di Illasi, fu trasferito alla Cattedrale di Verona. Il presbiterio fu completato da don Simoncelli che gli succedette, mentre con Don Balconi si completarono il soffitto, le pareti e il pavimento.
La soffittatura è semivoltata a botte, la copertura è a doppia falda in coppi sorretta da una struttura in capriate lignee ed infine la pavimentazione è realizzata in marmo rosso Verona, bianco e nero a motivi geometrici. L’asse maggiore longitudinale si prolunga oltre l’altare maggiore con il vano absidale a sviluppo semicircolare, schermato con quattro colonne dal corridoio del deambulatorio che ne asseconda l’andamento curvilineo. Lungo i fianchi della navata si aprono quattro cappelle laterali, due per lato, il cui piano rialzato di un gradino ospita altrettanti altari minori: gli altari della Madonna (o del Crocifisso) e del S. Cuore, sul lato settentrionale, gli altari di S. Giuseppe e della Madonna del Rosario sul lato opposto. Questi ultimi furono portati ad Illasi da don Angelo Vicentini e appartenevano alla chiesa distrutta di S. Sebastiano di Verona.
A questi ambienti si alternano ulteriori vani, di cui quelli prossimi all’ingresso sono occupati dal battistero, lungo il fianco meridionale, e della cappellina del Crocifisso sul lato opposto, mentre quelli a ridosso del presbiterio corrispondono ai vestiboli di ingresso delle entrate laterali; al centro della parete settentrionale si apre la cappella con l’altare della Vergine Immacolata.
L’ingresso principale, con bussola lignea interna, è preceduta all’esterno da un’ampia scalinata; due ingressi laterali si aprono lungo i fianchi della navata. Sul lato meridionale del presbiterio si collocala sacrestia, adibita anche a cappella feriale; sul lato opposto si colloca il piccolo Oratorio novecentesco, ora utilizzato come deposito.
Nel 1941 don Pietro Schena, in concomitanza con il centenario, affidò all’artista Carlo Donati la decorazione completa della chiesa.
Pregevole l’altare maggiore con i suoi marmi policromi edificato da don Veneri nel 1761, completato con due statue raffiguranti San Giorgio e san Bartolomeo, patrono del paese, dello Schiavi.
Nella sacrestia della parrocchiale di San Giorgio è conservata un’opera di notevole importanza una Madonna con Bambino e Angeli attribuita a seconda dei vari studi della critica alla scuola di Stefano da Zevio o Antonio Badile. La sistemazione originaria di questa opera fu la lunetta decorativa del protiro della pieve di Illasi demolita nel secolo scorso. L’affresco, di dimensioni 2,275 x 1,945 cm con la parte superiore semicircolare e il conseguente campo pittorico, è dato nella figura d’insieme dai limiti delle parti e trovava alloggio in alto sopra l’architrave dell’ingresso oltre il protiro probabilmente pensile, come nella chiesa della Disciplina di Tregnago, dove la visualizzazione decorativa è data più dalla pittura che dall’architettura. Come tutti gli affreschi parietali esterni temono gli agenti atmosferici che ne alterano i pigmenti e il supporto dell’intonaco: una delle funzioni delle falde di copertura del tettuccio era di ripararlo. Non a caso la parte meglio conservata è la superiore quella vicina all’arco. Il fatto che si sia valutato di salvarlo nel momento della demolizione della pieve, è legato probabilmente alla devozione popolare, che si attribuiva alle immagini votive affrescate sulle facciate, funzioni protettive e alla sua fama che lo ha portato fino a noi. Fu staccato dal frontale con una tecnica a massello, un blocco di pietra parallelepipeda con conseguente strappo e trasporto su tela. Il dipinto, aldilà delle attribuzioni o a Stefano da Zevio, o ad un suo seguace anonimo, o ad Antonio Badile, come attualmente la critica è orientata, non svilisce la sua rilevanza, essendo figure importanti della cultura artistica veronese del xv secolo.
La Madonna è posta al centro della costruzione scenica visiva di un giardino, sulle ginocchia sorregge il Bambino, contornata da Angeli cantori e ai suoi piedi un elegante pavone. La relazione tra le figure è negli sguardi, nella reciprocità soave che trasmette serenità, calma, trova piacere nel piccolo pollice del piede che il Bambino prende con la mano come per gioco o per tormento premonitore. La figura materna è avvolgente nella sua protezione simbolica e pittorica, dove il viso e le mani affusolate con le dita leggermente aperte sono punti luminosi ed emergono per rassicurare entrambe le figure. Le fattezze del volto, i tratti fisionomici descritti da molti studiosi dell’arte come ingenui e troppo rosei, confermano nel “fare disegno” l’esecuzione di mani meno esperte di Stefano tanto da nonconsiderarla sua opera e di attribuirla ad un allievo. Lievi i tratti fisionomici, le labbra delicate, contornato dai ricci capelli biondi che lo incorniciano e lo rendono reale prosecuzione del collo inclinato in diretto contatto con il piccolo bambino dall’anatomia morbida, dove liscia priva d’impatti chiaroscurali scorre la luce. In primo piano sulla base orizzontale è posto un superbo pavone che incarna nel suo andamento fiero molte simbologie del credo tardo medioevale. Gli animali dell’aria rappresentavano l’anima, il librarsi verso dimensioni ultra terrene o Gesù Cristo Salvatore dell’umanità.
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Chiesa di San Giorgio
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